Abbandonato da mia madre all’età di tre anni, vissi per un anno presso una famiglia affidataria della DDASS. Poco tempo dopo, mio padre decise di riprendermi e mi presentò a Mireille, la sua compagna, con la quale aveva già due figli. Mio padre, nottambulo e spendaccione, possedeva un negozio di prêt-à-porter, un’attività piuttosto prospera.
La fuga
Durante serate si cui beveva molto champagne e avvolti dal fumo di sigari, regalava assegni in bianco. Questo comportamento eccessivo ebbe conseguenze terribili sulle finanze della famiglia. Braccato dai creditori, fu costretto a fuggire, abbandonandomi da Mireille come un ricordo della sua infedeltà.
Gli anni successivi furono dolorosi. Mireille, spezzata dall’amarezza e dall’odio per ciò che rappresentavo, aveva preso l’abitudine di picchiarmi.
A colpi di pugni e parole distruttive, mi fece capire che non avevo un posto nella famiglia. Non potendo rimandarmi alla DDASS, fece di me il suo schiavo, il suo tuttofare. Tuttavia, ai miei occhi di bambino, lei era mia madre.
Discesa agli inferi
Eravamo poveri e in casa mancava tutto. I servizi sociali dovevano intervenire regolarmente per aiutarci. Vivevamo nelle periferie più difficili della regione parigina. Sono quindi cresciuto in un clima di violenza costante, sia dentro casa che fuori.
Con il passare degli anni, mi sono indurito e ribellato a ogni forma di autorità. Questo percorso caotico mi portò a conoscere il carcere già all’età di 15 anni. I dieci anni successivi furono per me una vera discesa negli inferi. Divenni, successivamente, spacciatore, tossicodipendente, padre e infine rapinatore.
In questa spirale di degrado, scampai due volte alla morte e persi mio fratello Frank, brutalmente assassinato in un ristorante all’età di 30 anni.
Manu
Il mio incontro con Manu, una cristiana, cambiò il corso del mio destino. Mi accompagnò nell’ultimo capitolo del mio calvario all’interno della casa circondariale di Bois-d’Arcy. Ero identificato con il numero 52964 e imprigionato per due rapine a mano armata.
Fu durante i nostri colloqui in carcere che Dio si rivelò a me. Proprio lì, in prigione, vissi la Sua grazia. E Lui intervenne in modo miracoloso nella mia vita.
Dopo sette mesi di detenzione, fui liberato provvisoriamente e, 36 mesi dopo, dovetti costituirmi prigioniero per essere giudicato da una Corte d’Assise. La pena prevista per i reati a me imputati era di 20 anni. Tuttavia, ne uscii dal tribunale da uomo libero.
Sconvolgimento
Dio sconvolse la mia vita, i miei progetti, e mi diede la forza di rinunciare al mio passato, alla droga, alla violenza e alle vecchie frequentazioni. Fece nascere in me un intenso desiderio di servirLo e di testimoniare tutti i Suoi benefici nei miei confronti.
Cinque anni dopo, con costanza e perseveranza, sono riuscito ad accedere al ministero pastorale, per la grande gioia di mia moglie Manu e dei nostri quattro figli.•