DC1: È possibile passare dalla materia non vivente agli organismi viventi?
RC1: Una volta la netta distinzione tra la chimica inorganica e la chimica organica aveva un importante fondamento: nella natura incontaminata le combinazioni organiche avvengono soltanto mediante l’attività degli organismi viventi. Con la morte dell’organismo si instaura un processo contrario: gli elementi organici si dissolvono nei loro componenti inorganici.
Quando però nel 1828 il chimico F. Wohler trasformò il cianato d’ammonio, indubbia-mente organico, nel composto organico dell’urea, questa distinzione fondamentale non ebbe più senso. Con una ben mirata e sistematica attività oggi si è in grado di sintetizzare numerosi composti organici. È indispensabile quindi la conoscenza della chimica e dei procedimenti tecnici – ci vuole, insomma, l’intervento dello spirito. Tenendo quindi presente gli esseri viventi, affermiamo che, sul piano fisico-chimico, nelle piante e negli animali e nell’uomo non avviene alcun processo che sia in contraddizione con i fenomeni fisici e chimici che hanno luogo al di fuori degli organismi viventi. Le note leggi della natura hanno qui piena applicazione. Tra la materia inerte e la materia negli esseri viventi non c’è dunque nessuna differenza essenziale sul piano chimico-fisico. Tuttavia le teorie neodarwiniane sull’origine dei primi esseri viventi nell’atmosfera primitiva vanno al di là di tale cognizione e sostengono che vi è un regolare, semplice passaggio dalla materia inerte agli organismi viventi. Ma un organismo vivente non equivale alla somma degli elementi materiali presenti in ogni essere vivente. Infatti non si comprende bene la struttura dell’organismo, se la si considera soltanto in base alla descrizione isolata dalle sue singole parti.
Gli organismi contengono una importante informazione aggiunta, una qualità spirituale che la materia da sé non può generare. E tale informazione è responsabile del fatto che ogni essere vivente tende ad acquisire una determinata forma ed è in grado di crescere.
Nella natura vivente non vige il principio della crescita (riproduzione sulla base di un’informazione prestabilita). Tale informazione, dunque, diviene il criterio caratteristico per distinguere chiaramente un organismo vivente dalla materia non vivente.
Di conseguenza l’origine di una singola forma vivente – contrariamente a quanto avviene nella formazione dei cristalli – non ha nulla a che fare con le complesse leggi della fisica e della chimica. Con il fenomeno vita si ha a che fare con una qualità che sta al di là della fisica e della chimica. I cosiddetti esperimenti che dovevano provare che l’origine della vita è un puro fenomeno fisico-chimico, confermano invece la nostra
tesi: non si può trovare nessuna informazione in un esperimento fisico-chimico.
Negli esperimenti Miller, più volte citati, poterono essere sintetizzati alcuni aminoacidi, gli elementi - base delle proteine; però non è venuta fuori nessuna informazione. Questo tentativo quindi non ha nulla a che fare con quello che si potrebbe definire esperimento di evoluzione«.
L’iperciclo abbozzato da M. Eigen è un puro esperimento teorico senza alcun’altra conferma. Con l’aiuto della cosiddetta »macchina dell’evoluzione«, Eigen ha voluto tradurre l’evoluzione in esperimento.
Sulla rivista »Bild der Wissenschaft« (Immagine della Scienza) ha detto: »In una delle nostre macchine abbiamo fatto evolvere alcuni virus… Questo progetto ha avuto già successo. In solo tre giorni abbiamo potuto isolare un »mutante«, che ha mostrato una resistenza corrispondente. L’esempio dimostra che è possibile riprodurre in laboratorio il processo dell’evoluzione«. Tali affermazioni danno l’impressione che un esperimento di evoluzione sia riuscito. In realtà si è partiti da esseri viventi già esistenti. Anche qui non c’è alcuna nuova informazione, ma piuttosto vengono fatti dei tentativi che non forniscono nessuna testimonianza sull’origine dell’informazione.
Bisogna, quindi affermare questo fatto importante: In nessun laboratorio del mondo si è riusciti a produrre organismi viventi da elementi organici non viventi. Questo fatto è tanto più degno di considerazione dal momento che la biotecnica ha creato numerose possibilità di manipolazione genetica. La biotecnica infatti usa ugualmente esseri già viventi e cerca soltanto di manipolarli. È evidente che l’abisso tra i procedimenti chimiotecnici e la biotecnica è insuperabile.
Sì, anche se un giorno ciò dovesse essere possibile dopo un instancabile ricerca e l’impiego di ogni conoscenza acquisita, si proverebbe ancora una volta che la vita è possibile solo con l’intervento dello spirito e spiegabile solo con un’attività creatrice.
DC2: Quanti anni ha la terra? Quanti anni ha l’universo? C’è un metodo scientifico per calcolare l’età della terra? Che cosa pensate del metodo del carbonio 14?
RC2: Finora non si conosce un metodo di ordine fisico per stabilire l’età della terra e dell’Universo. E perché? Nella natura non c’è nessun orologio, sotto forma di un avvenimento databile, che funzioni dalla creazione del mondo. La disintegrazione radioattiva degli atomi instabili è apparsa, a prima vista, come un orologio discutibile. Infatti ogni isotopo instabile di un elemento chimico ha un suo proprio tempo di dimezzazione.
Questo è quel periodo T, entro cui il numero di atomi di volta in volta esistenti, mediante disintegrazione radioattiva, si dimezza. Tra tutti i 320 isotopi esistenti in natura, 40 sono conosciuti radioattivi. Per stabilire l’età di un elemento si parte dunque da questo effetto fisico. Nel caso del Carbonio 14 il tempo di dimezzazione è di 5730 anni.
In base al procedimento matematico dell’equazione fisica di disintegrazione, si ha certamente sempre un’equazione in meno di quelle che contiene il sistema di incognite. Un tale sistema è matematicamente insolubile per principio. Questo significa in pratica che la quantità iniziale del materiale che si disintegra è ignoto, poiché nessuno sa quanti atomi instabili esistevano all’origine. Oltre a ciò c’è il cosiddetto »metodo dell’isocrono«, che cerca appunto di fare a meno della conoscenza della quantità iniziale, utilizzando unicamente delle prove congenite. L’incertezza allora si sposta in questo caso sul fatto che non ci sono dei criteri a priori per sapere se una prova fa parte di un insieme congenetico.
Il caso del metodo del C 14 è però diverso. Qui si può stabilire il valore iniziale con l’aiuto della dendrocronologia (il calcolo degli anelli degli alberi).
Siccome gli alberi più antichi hanno circa 5000 anni, si può calcolare la quantità di C14 contenuta nell’anello più antico, partendo dagli anelli più recenti e risalendo ovviamente indietro nel tempo e considerando che ogni anello corrisponde ad un anno di vita degli alberi. La pianta più antica tuttora esistente che si conosce, di ben 4915 anni (calcolati a partire dal 1989), è il nodoso pino del Nevada. In base al numero degli anelli dell’albero si ottiene un diagramma che ora permette di conoscere, mediante un paragone, anche l’età di un campione di età sconosciuta. Tuttavia il metodo del C14 è applicabile solo nel caso di poche migliaia di anni. I milioni di anni a cui si riferisce la teoria dell’evoluzione, non si basano su calcoli fisici esatti, ma sulla cosiddetta »scala geologica«, che parte dal presupposto che la durata di ogni formazione geologica è proporzionale al suo strato più ampio esistente.
Questa teoria suppone quindi che per tutte le formazioni la velocità massima di sedimentazione sia stata sempre costante e senza lacune. Anche dal punto di vista della teoria dell’evoluzione questa posizione è insostenibile. Tali ipotesi poi hanno ancor meno valore se si tiene conto del Diluvio Universale.
Noi sosteniamo che: le grandezze fisiche (come ad esempio, il tempo) sono misurabili in maniera assoluta solo se in un caso si è verificato un effetto fisico quantificabile e se tale valore, stabilito con l’aiuto di una misura standard, può essere associato ad un numero di unità definita. Difatti se si immerge un termometro al mercurio senza la scala della temperatura, in acqua bollente, il mercurio certamente si dilata, ma non si può stabilire la temperatura assoluta. Soltanto una misurazione con un termometro standard numerato ci può indicare il vero valore della misurazione.
La storia profana documentabile comincia in Asia Minore ed in Egitto attorno al 3000 a. C. (in modo notevole questo periodo si occupa con l’età degli alberi più antichi!). Ma senza dubbio il più vasto avvenimento storico lo troviamo nella Bibbia. Questo comprende la prima coppia umana creata da Dio. Il conseguente schema geologico ci fornisce l’unico contesto cronologico verificabile ed affidabile dalla creazione in poi. Ugualmente se non si considera lacunoso il calcolo degli anelli di un albero, si arriva a calcolare l’età della terra in termini di migliaia di anni, ma certamente non in termini di milioni di anni, di cui parlano gli evoluzionisti. L’età della terra, dell’universo e dell’umanità si accordano con i vari giorni della Creazione.
DC3: Come si spiega che in un universo giovane la luce abbia potuto raggiungere la terra provenendo da oggetti che distano milioni di anni luce da noi?
Non si dovrebbe almeno supporre l’esistenza di un’epoca corrispondente al tempo impiegato da un raggio di luce che arriva fino a noi?
RC3: Le affermazioni contenute in tale domanda sono conseguenze che noi deduciamo correttamente dalla situazione odierna: la luce con i suoi 300mila chilometri al secondo (la cifra esatta è di 299.792.458 metri al secondo, in base a quanto stabilito nel corso della Conferenza Mondiale sulla massa o peso tenutasi nel 1983) ha davvero un’altissima, ma pur sempre limitata velocità di propagazione. Ogni stella che noi vediamo ora, ci parla non della sua esistenza attuale, ma di un passato, di cui sono testimoni i suoi raggi che ci giungono ora. Un’incredibile conseguenza di tale fenomeno è questa: le stelle che sono lontane più miliardi di anni-luce, dovrebbero avere almeno molti miliardi di anni. Ora, applicando tale teoria alla settimana della creazione, consideriamo prima di tutto il fatto che nel quarto giorno furono create le stelle (Genesi 1; 14-16). Dopo la fine della Creazione, sempre secondo la suddetta teoria, non si vedeva in cielo nemmeno una stella. La stella più vicina alla terra, l’»Alfa« del Centauro, dista dalla terra 4,3 anni-luce. Così sarebbe stata visibile per la prima volta dalla terra 4,3 anni dopo la Creazione. Secondo questo modo di pensare, Adamo per 4,3 anni vide un cielo notturno del tutto senza stelle e dopo altri 1,6 anni poté vedere la seconda stella. Abramo, che visse circa duemila anni dopo la Creazione, secondo tale teoria, non vide nemmeno una volta le stelle più luminose della nostra Via Lattea, ancor meno le stelle di un’al tra galassia, poiché la nostra Via Lattea ha un’estensione di 130.000 anni luce. Eppure Dio mostrò ad Abramo le innumerevoli stelle visibili per farlo stupire: »Guarda verso il cielo e conta le stelle; puoi contarle?« (Genesi 15:5).
La suddetta teoria – »Numero di anni luce = l’età minima della stella« – è falsa anche secondo le affermazioni della Bibbia. Troviamo infatti la soluzione biblica di questo problema in Genesi 2:1-2, »Così furono compiti i cieli e la terra e tutto l’esercito loro (=
tutte le stelle!). Il settimo giorno, Iddio compì l’opera che aveva fatto, e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta«. C’è anche la testimonianza del Nuovo Testamento, »… benché le sue opere fossero terminate fin dalla fondazione del mondo« (Ebrei 4:3). Dopo la fine della settimana della Creazione, il tutto era stato già ben diviso. Questo significa anche che dalla terra era già possibile vedere le stelle, perché dalla Creazione in poi tutte le opere possono essere conosciute (Romani 1:20). Appartiene all’essenza della Creazione il fatto che non possiamo applicare tutte le leggi della nostra odierna esperienza all‘epoca della Creazione. »Compito« o »terminato« significa pronto sotto ogni aspetto: il raggio della luce delle stelle fu creato come le stelle stesse, cioè anche dalle stelle più lontane la luce arrivava già sulla terra.
Si tratta insomma di pensare così: con la nostra attività scientifica (pensiero ed indagine) noi risaliamo cronologicamente al massimo fino alla fine della settimana della Creazione. Perveniamo alla conoscenza degli avvenimenti durante la settimana della Creazione solo se deduciamo i particolari rivelati da Dio per mezzo dello studio della Bibbia.
DC4: Qual era la posizione di Darwin nei confronti di Dio?
RD4: Dopo l’interruzione degli studi di medicina, dietro consiglio di suo padre, Darwin studiò teologia (1828-1831), anche se i suoi interessi erano rivolti altrove, in un’altra sfera. Nel suo libro »L’Origine delle specie per mezzo della selezione naturale«, scrive:
»C’è probabilmente qualcosa di sublime nell’affermazione che il Creatore ha soffiato il germe di ogni vita che ci circonda soltanto a pochi o anche ad una sola forma, e che, mentre la nostra terra ruota secondo le leggi della forza di gravità, da un tale modesto inizio abbia avuto origine un numero infinito di bellissime meravigliose forme«. Questa teoria di Darwin scaturisce unicamente da una vaga concezione deista di Dio, secondo cui Dio è certamente riconosciuto quale origine dell’evoluzione, ma il suo rapporto personale con l’umanità, come anche le affermazioni bibliche sulla Creazione, vengono ignorate. Con l’affermazione che l’uomo porta »i segni inequivocabili della sua origine animale«, Darwin manifestò completamente il suo tormentato rapporto con la Bibbia. La teoria dell’evoluzione, che si diffuse per mezzo suo, fu presentata da Darwin come un’alternativa alla Rivelazione biblica, come egli stesso riconosce nella sua auto-biografia: »In questo periodo giunsi gradualmente alla conclusione che l’Antico Testamento, a causa della sua storia del mondo evidentemente falsa, non era credibile, come anche gli attuali libri degli Indù o le concezioni dei Barbari… A poco a poco giunsi a rifiutare il Cristianesimo come Rivelazione divina«. Tale convinzione divenne poi ancor più forte nei dieci anni che seguirono: »L’incredulità prese piede in me molto lentamente, ma alla fine fu completa. Procedette così lentamente che non mi causò nessuna difficoltà, e da allora nemmeno per un istante ho dubitato che la mia posizione fosse quella giusta. Francamente non riesco a capire come qualcuno possa in qualche modo desiderare che il Cristianesimo sia vero«.
Mentre Darwin al totale rifiuto della Rivelazione biblica era giunto partendo da un vago deismo (cioè la concezione secondo cui Dio non è un Essere personale), Ernst Haeckel giunse all’ateismo totale, in quanto postulava »che gli organismi constano solo di elementi fisico-chimi ci«. Su questa linea si trovano gli attuali neo-darwinisti M. Eigen, C. Bresch, B. O. Huppers, che con la loro concezione semplicistica dell’auto-organizzazione della materia, giungono ad una concezione ateo o deista – e quindi antibiblica del mondo.
DC5: Nello sport ad alto livello vi sono prestazioni che migliorano continuamente e che prima non erano possibili. Questo non fa pensare all’evoluzione?
RC5: In un articolo che fa il consuntivo della XXIV Olimpiade di Seul sul »Braunschweiger Zeitung« del 3 ottobre 1988, leggiamo: »I giochi furono onorati da ben 38 primati mondiali. I confini delle possibilità umane sono stati ridefiniti nella metropoli sud-coreana.
La meschinità si è incarnata nel disonesto corridore canadese Ben Johnson, che dopo la sua corsa con cui ha realizzato un primato mondiale, è stato smascherato come imbroglione. Soltanto dieci casi di imbrogli sono stati scoperti fino a domenica. Si suppone però che i casi siano ancora di più. L’ombra del dubbio quindi si proietta su molte gare di Seul. I giochi hanno messo in evidenza alcuni grandi atleti: Cristina Otto, di Leipzig, campionessa olimpionica di nuoto, sei volte vincitrice; il nuotatore americano Matt Biondi adorno di 5 medaglie d’oro; Wladimir Artemow, il russo re della ginnastica e quattro volte vincitore; la superstar americana di atletica leggera Florence Griffith Joyner con i suoi trionfali sprint su 100 e 200 metri e nella staffetta. Nella ›galleria degli antenati‹ appartiene ai grandi olimpionici certamente anche Steffi Graf, che con la sua vittoria olimpionica ha concluso ›il colpo d’oro‹ e quindi ha compiuto una prestazione secolare«.
In realtà nello sport ad alto livello i record vengono continuamente migliorati. Anche se si escludono i casi di doping, un miglioramento nelle prestazioni è evidente. Bisogna tuttavia riflettere su questo: i record conseguiti sono il risultato di una intensa ricerca
sportiva e di faticosi allenamenti. Le prestazioni sportive non sono ereditarie. Se l’allenamento finisce, queste prestazioni non sono possibili.
Nella teoria dell’evoluzione, invece, si ha bisogno di un meccanismo che di generazione in generazione produca automaticamente dei miglioramenti. Secondo quanto affermano gli evoluzionisti, la mutazione e la selezione devono essere le ruote motrici del progresso.
Queste però non sono programmate né tendono ad una meta finale. Vige poi ancora più un’altra legge nella materia: la legge dell’inerzia, della passività, della diminuzione dell’energia e della tendenza al livellamento. La via invece è sempre connessa ad un »programma« – fino alla struttura della macromolecola.
Nessuno negherà che un dispendioso programma sta sempre alla base della struttura dei nostri attuali computer. Eppure queste complesse strutture sono solo un gioco da ragazzi a paragone di ciò che avviene in ogni cellula vivente e che quindi è programmato al massimo grado.
DC6: Bisogna prendere la Bibbia sul serio dal punto di vista scientifico, anche se utilizza concezioni cosmologi che sono ormai sorpassate?
RC6: La Bibbia non utilizza affatto concezioni cosmologiche di altri tempi: è la teologia liberale che vede nei testi biblici le concezioni dell’Antico Oriente. A. Lapple si basa proprio su una tale supposta concezione biblica del mondo per ritenere che la Bibbia sia soltanto un’opera umana: »La terra veniva considerata come un disco rotondo e piatto. Essa occupava il centro della creazione ed era sommersa dalle »acque di sotto«, le acque primordiali o oceano primordiale… Al di sopra del disco terrestre si estendeva la volta del firmamento, su cui il sole, la luna e le stelle erano appese come lampade. Al di sopra del firmamento troviamo le »acque di sopra«, che possono cadere sulla terra sotto forma di pioggia come attraverso una finestra o una chiusa (Si veda »La Bibbia-Oggi«, edito a Monaco, p. 42).
Bastano solo pochi versetti della Bibbia per confutare tali pregiudizi e per dimostrare come le affermazioni bibliche fossero vere, ancor prima che fosse conosciuta la forma della terra secondo le attuali concezioni scientifiche.
In Giobbe 26:7 leggiamo: »Egli distende il Settentrione sul suolo, sospende la terra sul nulla«. La terra non nuota né in un oceano primordiale e neppure è fissata su di una solida base, anzi è sospesa in un vuoto che la circonda. Anche sulla forma della terra la Bibbia ha dei riferimenti diretti ed indiretti, sebbene non sia proprio questo il tipo di informazione che essa vuole dare: »Egli è Colui che sta assiso sul globo della terra« (Isaia 40:22; in Ebraico chug significa »cerchio« o »globo«).
La forma sferica della terra viene messa in rilievo nei testi che riguardano il ritorno di Gesù. Poiché il Signore apparirà improvvisamente (Matteo 24:37) e sarà visibile a tutti gli uomini contemporaneamente (Apocalisse 1:7), ciò avverrà di giorno per l’umanità che vivrà su un emisfero e di notte per quelli che vivranno sulla parte opposta. Proprio questo indicano Luca 17:34 e Matteo 24:40 come effetto collaterale di tale apparizione:
»In quella notte, due saranno in un letto; uno sarà preso e l’altro lasciato … Due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato«. Il fatto che sulla terra vi siano contemporaneamente eventi di solito possibili di giorno come il lavoro dei campi, e situazioni di solito possibili di notte come il riposo, è dovuto alla posizione in cui ci si trova durante la rotazione della terra. Anche il profeta Zaccaria (14:7) descrive la venuta del Signore nella maniera giusta e non secondo le condizioni cosmologiche del suo tempo: »Sarà un giorno unico, conosciuto dall’Eterno; non sarà né giorno né notte, ma in su la sera vi sarà luce«.
DC7: Che cosa possiamo dire sulla struttura del nostro Universo?
RC7: Solo perché si suppone che vi sia un’evoluzione cosmica, si è cercato di scoprire la struttura dell’Universo con sempre nuove ipotesi e modelli. Tra i »Profeti della nuova cosmologia« – come li chiama Heckmann vediamo, ad esempio, A. Friedmann, A. Einstein, E.A. Milne, P. Jordan, F. Hoyle, G. Gamow, A.A. Penzias e R. W. Wilson.
Tutti gli sforzi della scienza per sondare la struttura spaziale dell’Universo (per sapere, ad es., se sia aperto o chiuso, limitato o illimitato, finito o infinito, a tre o quattro dimensioni, concavo o convesso), fino ad oggi sono falliti. Il noto astronomo O. Heckmann così si è espresso su questi tentativi nel suo libro »Stelle, Cosmo e Modelli del mondo« (p. 129): »La capacità di ricerca dello spirito umano non è piccola, e la produzione di immagini del mondo è ugualmente grande, così che un critico recente-mente pensava di poter affermare che il numero delle teorie cosmologiche è inversamente proporzionale al numero dei fatti conosciuti«. A tal proposito c’è l’importante affermazione dell’astrofisico V. Weidermann di Kiel, durante il XVI Congresso Mondiale di Filosofia tenutosi a Dusseldorf nel 1978:
»La cosmologia si basa su congetture filosofiche più di tutti gli altri rami delle scienze naturali. D’altra parte, se siamo costretti a ridimensionare i confini di quella che può essere chiamata Scienza e non possiamo sperare di rispondere scientificamente alle questioni fondamentali della cosmologia, allora dobbiamo ammettere che l’Universo è fondamentalmente incomprensibile.
La scienza deve riconoscere che vi sono domande a cui non si può dare una risposta. Ciò che rimane è solo una teoria basata su quello che sappiamo«.
Anche la Bibbia ci dà qualche indicazione a riguardo. Il versetto chiave riguardante l’imperscrutabilità dell’Universo lo troviamo in Geremia 31:37 che suona così: »Così parla l’Eterno: Se i cieli di sopra possono essere misurati e le fondamenta della terra di sotto scandagliate, allora anch’io rigetterò tutta la progenie di Israele per quello che essi hanno fatto, dice l’Eterno«.
Qui Dio mette insieme i risultati della ricerca astronomica ed il modo di comportarsi di un popolo – quindi due fatti completamente indipendenti l’uno dall’altro – in un’unica affermazione generale. Un’affermazione è una promessa di Dio ad Israele, e l’altra è strettamente collegata alla prima: nessuna ricerca astronomica e geofisica riuscirà mai, malgrado le fortissime spese, ad esplorare la struttura dell’Universo o la natura dell’interno della terra. Poiché la promessa di Dio ad Israele è irrevocabile, ne segue, con altrettanta certezza, che gli scopi della ricerca astronomica o geofisica non possono essere raggiunti. Rimane quindi un’utopia il fine che l’astrofisico britannico Stephen W. Hawking si propone di raggiungere: »Il mio scopo è una conoscenza completa dell’Universo – perché è così, com’è che è così e soprattutto perché esiste«. La risposta a tali interrogativi, lui scrive, »sarebbe il trionfo definitivo della ragione umana« (si veda »Eine kurze Geschichte der Zeit«, cioè »Una breve storia del tempo«, Rowohlt, 1988).
DC8: Perché non vi sono fossili umani?
RC8: I processi di fossilizzazione sono possibili solo a causa di una catastrofe, come il diluvio universale descritto dalla Bibbia. Vari esseri viventi, da certi animaletti fino ai sauri, sono pervenuti a noi fossilizzati, mentre in realtà finora non si sono mai trovati fossili umani. Questo è davvero sorprendente, dato che si può stabilire che anche gli uomini sono stati travolti da un’enorme massa d’acqua, e quindi sono stati coperti
da strati di sedimentazione e sottoposti anch’essi al processo di fossilizzazione. Se le spiegazioni meccaniche non ci aiutano molto a spiegare il fenomeno, c’è da chiedersi se Dio non abbia voluto distruggere completamente gli esseri umani a causa della
loro inaudita iniquità. Alcuni passi biblici ci inducono a pensare così. Sin da quando annunziò che ci sarebbe stato il diluvio, Dio disse: »Io sterminerò sulla faccia
della terra l’uomo che ho creato« (Genesi 6:7). Troviamo altre indicazioni in Ezechiele 31, dove ci si riferisce ai re d’Egitto e Assiria, ma se si esamina bene il testo, è chiaro che ci si riferisce al Diluvio »… così è avvenuto affinché gli alberi tutti piantati presso le acque non siano fieri della propria altezza, non sporgono più la vetta tra il folto dei rami, e tutti gli alberi potenti che si dissetano alle acque non persistano nella loro fierezza, poiché tutti quanti sono dati al la morte, alle profondità della terra, assieme ai figliuoli degli uomini, a quelli che scendono nella fossa«, (vs. 14).
Gli »alberi dell’Eden« poi indicano la vegetazione che precedette il Diluvio e che fu gettato nell’abisso come gli uomini: »Tu sarai precipitato con gli alberi di Eden nelle profondità della terra« (vs. 18).
DC9: Quanto durò un giorno della Creazione?
RC9: Si è spesso discusso su tale questione, perché si sono avanzate varie ipotesi che, a seconda del punto di vista, si contraddicono. Noi però siamo in grado di rispondere subito, se precisiamo il numero delle fonti di informazione riguardanti tale questione. Nessuna delle scienze a noi note dispone a riguardo di dati o fatti da interpretare. L’unica affermazione a riguardo Dio ce la dà nella Bibbia, sia nel racconto della Creazione sia nei Comandamenti dati sul Sinai.
Il racconto della Creazione è strutturato secondo uno stretto ordine cronologico, per cui le singole opere furono compiute in sei giorni che si susseguirono. La Bibbia dimostra di essere un libro preciso, in quanto con l’impiego di un’unità fisica menziona anche il corrispondente metodo di misurazione (Genesi 1:14).
Ne segue che la lunghezza di un giorno – sufficiente anche dal punto di vista scientifico – si può così definire: È ogni periodo di tempo geo-astronomico, che è determinato dalla durata della rota zione della terra e che consta di 24 ore. Nei Dieci Comandamenti del Sinai Dio motiva l’istituzione della settimana fatta di sei giorni lavorativi e di un giorno di riposo per l’uomo, riferendosi alla settimana della Creazione: »Lavora sei giorni e fai in esso ogni opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, che è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno… poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno« (Esodo 20:9-10)
In base alla teoria dell’evoluzione, si cerca di considerare i giorni della creazione come dei lunghi periodi di tempo. Di conseguenza il Salmo 90:4 – »Perché mille anni agli occhi tuoi sono come il giorno di ieri quand’è passato« – viene applicato arbitrariamente a Genesi 1, come se fosse una formula matematica (nel Salmo 90 ed anche in il Pietro 3:8 ci si riferisce a Dio come all’Eterno, che non è soggetto allo scorrere del tempo). Questa »matematica biblica« certamente allunga il processo evolutivo nella misura di 1:365.000, ma è da rifiutare in quanto antibiblica. Con un ragionamento simile si potrebbe interpretare Matteo 27:63 in questo modo: »Risorgerò dopo 3000 anni«. Ma Gesù è risorto il terzo giorno, proprio come aveva detto. È da parte dei critici che spesso si obietta che credere che Dio abbia completato la Creazione in sei giorni non è necessario alla salvezza. Allora son solito chiedere: »Credete che Gesù è risuscitato dopo tre giorni?« Per lo più si risponde affermativamente a tale domanda. Quindi replico: »Allora per me non è necessario alla salvezza il fatto che il Signore sia risorto dopo tre giorni«. Perché facciamo tutte queste distinzioni quando si tratta della Bibbia? Crediamo in una cosa e non crediamo in un’altra?
DC10: Vi sono due racconti della Creazione in contraddizione tra loro?
RC10: I primi capitoli della Bibbia, ma anche numerosi altri passi biblici, contengono affermazioni sulla Creazione. Tutti i racconti si integrano a vicenda e nel loro insieme forniscono una descrizione dettagliata dell’attività creatrice di Dio. Nei confronti della
Bibbia, vi sono due linee di pensiero inconciliabili tra loro: una in accordo con la Bibbia ed un’altra in una posizione decisamente critica nei suoi riguardi. La decisione
di abbracciare una di queste opinioni o l’altra non dipende solo dall’interpretazione che si dà alla resurrezione di Gesù e ai suoi miracoli, a cui si fa riferimento nel Nuovo Testamento; il bivio concernente due diversi modi di intendere la Scrittura si trova già all’inizio della Bibbia
- L’interpretazione fedele alla Bibbia: Il racconto della Creazione secondo Genesi 1 e 2 (Come anche tutte le altre parti della Bibbia che secondo II Timoteo 3:16 sono state composte sotto l’ispirazione divina) non è opera umana, ma Dio stesso è l’Autore di questa informazione. Nessun uomo fu testimone dell’attività creatrice di Dio e quindi Egli può comunicarci solo con una rivelazione con quale ordine e secondo quali principi abbia creato. In netto contrasto con questo sta la seguente teoria:
- L’interpretazione della critica biblica: L’attuale racconto della Creazione in Genesi 1 e 2 non deve essere considerato come un racconto unitario, ma deve essere attribuito a diversi autori umani, all’Eloista (fonte più recente) e allo Yahwista (fonte più antica); costoro hanno riflettuto, ognuno a modo suo sul passato del mondo e degli esseri viventi. Dopo l’esilio babilonese, queste due »fonti« sono state messe insieme in modo da formare un unico passo. Naturalmente si cerca di trovare contraddizioni e di individuare tali fonti diverse in entrambi i racconti, al fine di provare la validità dell’ipotesi. Ecco dunque le prove principali che vengono addotte:
- I racconti si distinguono in base ai diversi nomi di Dio usati (Elohim, Yahweh).
- I due testi seguono un ordine diverso: piante-animali-uomo, nel primo racconto; uomo-piante-animali, nel secondo.
Contro queste due »prove« addotte per sostenere l’ipotesi della critica biblica, bisogna muovere due obiezioni di rilievo: Contro a) bisogna dire che Dio si rivela nella Bibbia come Padre, Figlio e Spirito Santo, con più di 700 nomi diversi (si veda anche la domanda DD3), alfine di rivelare i molteplici aspetti del Suo Essere. Voler far corrispondere i vari nomi di Dio a varie redazioni – in base alla suddetta opinione ve ne dovrebbero essere almeno 700 – è un’ipotesi arbitraria, che è in netto contrasto con tutta la Bibbia.
Contro b) affermiamo che in Genesi 2:4b non inizia un secondo racconto della Creazione, derivante da una fonte diversa, ma piuttosto viene descritto un particolare, cioè la creazione dell’uomo. Si tratta di una storia parallela a Genesi 1:1-2:3 con un altro scopo, e precisamente, andando al cuore della questione quello di rispondere alle seguenti domande: Come, dove, in quale ordine, in quale relazione tra di loro e con il Creatore, Dio creò i primi due esseri umani? Troviamo che anche in altre narrazioni bibliche viene usato questo metodo: prima di tutto, si colloca l’evento nel tempo e se ne dà una descrizione generale: poi, in una seconda relazione si scende nei particolari. È stato già detto che Dio ha piantato il giardino (v. 8). Ora, piantare un giardino suppone già delle piante create. Dopo le piante, »l’Eterno Iddio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi« (v. 9); questo non si può confondere con una creazione degli alberi. Le parole usate »piantare « e »far spuntare« non sono in contrasto con nessun verbo usato in Genesi 1, poiché descrivono realtà che derivano da una situazione già esistente. Inoltre è significativa l’interpretazione del versetto 19: si prende un versetto isolato e se ne ricava una teoria (in contrasto con il principio di interpretazione A4 – si veda Appendice, parte seconda), in modo da far credere che gli animali siano stati creati dopo l’uomo. Si consideri invece Genesi 2:7-25 come un racconto decisamente antropocentrico, per cui è chiaro che anche nel v. 19 non ci si riferisce al momento della crea zione degli animali, ma al momento della manifestazione delle capacità linguistico-spirituali dell’uomo già creato, che così dà un nome ad ogni animale. La proposizione subordinata vuole solo dimostrare che anche gli animali portati ad Adamo – in particolare gli animali dei campi, che furono creati come l’uomo nel sesto giorno – provengono ugualmente dalla mano del Creatore. Si noti infine che il testo originale ebraico v. 19 è stato tradotto in italiano (nella Riveduta) usando giustamente due tempi diversi: un gerundio passato con riferimento alla creazione degli animali, ed un passato remoto con riferimento al fatto che Dio li portò dinanzi ad Adamo: »E l’Eterno Iddio, avendo (prima) formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli dei cieli, li portò all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati« (Genesi 2:19). Dal contesto è chiaro dunque che Dio prima creò gli animali e poi l’uomo (come in Genesi 1).
DC11: Entrarono i sauri nell’Arca?
RC11: Nel capitolo 40 del Libro di Giobbe i sauri non solo vengono menzionati, ma si danno anche alcuni particolari sulla loro struttura fisica (vv.15-18,23): »Guarda l’ippopotamo (?) che ho fatto al pari di te; esso mangia l’erba come il bue. Ecco, la sua forza è nei suoi lombi e il vigore suo nei muscoli del ventre. Stende rigida come un cedro la coda; i nervi delle sue cosce sono intrecciate insieme. Le sue ossa sono tubi di rame; le sue membra, sbarre di ferro… Straripi pure il fiume, lui non trema; rimane calmo anche se avesse un Giordano alla gola« (Riveduta).
Lutero non ha tradotto il nome ebraico dell’animale, »behemot«, dato che la suddetta descrizione non corrispondeva a nessun animale vivente al suo tempo.
La coda potente poteva far pensare ad un coccodrillo, ma siccome questo è un carnivoro, il testo in questione non può riferirsi a lui. Un altro grande animale che vive nell’acqua e si nutre di erba è l’ippopotamo (secondo la Riveduta, »behe-mot« si riferirebbe proprio a questo animale). Ma anch’esso deve essere escluso, poiché è fornito solo di una piccola coda setolosa. Così rimangono soltanto quegli enormi
animali della specie dei dinosauri, a cui i suddetti dati corrispondono esattamente. Il libro di Giobbe, poi, è certa mente uno dei più antichi libri della Bibbia, anche se non conosciamo la sua data di composizione.
A causa dei mutamenti tellurici avvenuti durante il Diluvio con la formazione di altri monti, fiumi, mari e oceani, la menzione del fiume Giordano in Giobbe 40:23 sembra riferirsi ad un tempo posteriore al Diluvio, quando i sauri vivevano ancora. Anche queste bestie dunque devono essersi salvati per mezzo dell’Arca.
Ora, questi animali avrebbero occupato nell’Arca troppo posto, per cui possiamo pensare che Noè abbia preso soltanto dei cuccioli o solo le uova. Dopo il Diluvio, però, questi animali non trovarono più l’ambiente e le condizioni climatiche, per cui erano stati creati. Cosi in seguito si estinsero. Tale spiegazione e la fine dei sauri è più chiara di quelle ipotesi, che oggi, vengono escogitate contro i dati biblici.
DC12: Dal vostro punto di vista, quali prove scientifiche a favore della Creazione sono le più chiare e quali le più forti contro l’Evoluzione?
RC12: La vita ci si presenta nelle più svariate forme, per cui anche un solo organismo unicellulare con tutti i suoi vari componenti, è così complesso come nessun prodotto dello spirito umano. Ora, per spiegare la vita ed il suo passato vi sono solo due possibilità: evoluzione o creazione. Secondo la teoria dell’evoluzione, la vita può essere definita come segue: »La vita è un puro evento materiale, che deve essere descritto in termini fisico-chimici e che si distingue dalla natura non vivente solo per la sua complessità«.
Tanto per cominciare, contro la teoria dell’evoluzione vi sono alcune pesanti obiezioni provenienti da vari campi della Scienza – informatica, biologia, astronomia, paleon-tologia, geologia, medicina. Nella controversia creazione-evoluzione c’è comunque un insanabile contrasto, la cui essenza dipende dai diversi principi basilari dei due modelli proposti (si veda DC1).
Si uscirebbe da questa situazione di stallo, se ci fosse un sistema basato esclusi-vamente su norme empiriche.
Queste norme dovrebbero essere formulate in modo tale da poter essere smentite con un solo esperimento documentabile. Se questo non riesce, esse possono essere considerate leggi di natura e quindi possono essere usate con sicurezza per la valutazione di casi non ancora noti. In questo senso, la legge dell’energia, provata solo sperimentalmente, è applicabile sempre, indipendentemente da ogni concezione del mondo. Così, l’impresa mai prima realizzata del volo sulla luna fu possibile solo perché, in base alla rigorosa validità della legge dell’energia, si potettero fare preventivamente tutti i necessari calcoli. Ugualmente utili sono le massime empiriche concernenti l’informazione, in quanto ci consentono di ragionare sul nostro argomento in base a dati strettamente scientifici.
La materia e l’energia sono certamente due grandezze fondamentali dell’essere vivente, ma esse non bastano per stabilire la differenza essenziale tra i sistemi viventi e quelli non viventi. La caratteristica essenziale di tutti gli esseri viventi è infatti quella di avere »un’informazione« per tutte le loro varie funzioni, particolarmente l’informa- zione genetica per la crescita.
I processi di trasmissione di tale informazione hanno un ruolo essenziale in tutto ciò che vive. Se, ad esempio, gli insetti portano via il polline delle piante, questo è un modo di trasmettere un’informa zione – un’informazione genetica, in questo caso. La vita non è tutta qui, ma questo costituisce un fattore certamente fondamentale.
Il sistema più complesso che utilizza informazioni è senza dubbio l’uomo. Si prenda tutta la complessa rete di informazioni di un uomo, e specialmente le funzioni coscienti (parola, il sistema di informazioni concernenti gli spostamenti motori volontari) ed anche le funzioni inconsce (il sistema di informazione delle funzioni degli organi, il sistema ormonale); in tal modo vengono utilizzati ogni giorno 10 bit alla 24° potenza. Questo valore astronomicamente alto della quantità di informazioni in un essere umano sorpassa l’intera scienza dell’umanità di 10 bit alla 18a potenza, così come essa è »immagazzinata« nelle biblioteche del mondo.
Si consideri ora la questione del passato della vita dal punto di vista della teoria dell’informazione: nel caso di ciascun sistema, che ha o utilizza informazioni, bisogna tener conto delle seguenti norme empiriche:
- Non c’è informazione senza codice.
- Non c’è codice senza un accordo libero e volontario.
- Non c’è informazione senza trasmettitore.
- Non c’è rete di informazioni senza che all’inizio vi sia un autore spirituale.
- Non c’è informazione senza un’originaria forma spirituale, cioè l’informazione è una grandezza di ordine spirituale – essenzialmente un fattore spirituale.
- Non c’è informazione senza volontà.
- Non c’è informazione senza i cinque seguenti piani gerarchici:
- Statistica (riguardante la frequenza dei segni e la trasmissione dei segnali).
- Sintassi (riguardante il codice e le regole di composizione)
- Semantica (riguardante i significati)
- Prammatica (riguardante il funzionamento).
- Apobetica (riguardante risultati e obiettivi).
- Non esiste un’informazione data per caso.
Contrariamente alla teoria dell’evoluzione, la vita deve essere così definita:
Vita = parte materiale (aspetto fisico e chimico) + parte immateriale (informazione proveniente da una forma spirituale).
Fino ad oggi tutte le teorie tendenti a spiegare un’origine autonoma delle informazioni nella materia non hanno approdato a nulla (ad es., l’iperciclo di Eigen e la teoria di Küpper). Rimane incomprensibile il fatto che N. Eigen crede ancora che prima o poi sia possibile spiegare l’origine dell’informazione con processi puramente materiali: »Noi dobbiamo cercare, secondo un algoritmo, la legge naturale che spieghi l’origine dell’informazione« (»Stufen zum Leben« – cioè »I Gradini verso la Vita«, ed. Piper-Verlag, 1987, p. 41). Il suo principio »L’informazione ha origine dalla non-informazio-ne« è in contraddizione con tutti i dati dell’esperienza e quindi è inconsistente. Le suddette affermazioni sull’informazione, invece, sono confermate dall’esperienza e non vengono confutate sperimentalmente in nessun laboratorio del mondo.
C’è quindi da chiedersi se la vita non abbia avuto origine da un processo creativo con un ben preciso obiettivo. La Bibbia tratta proprio di questo principio. Il fatto che, dal punto di vista dell’informatica, c’è bisogno di una fonte di informazione per ogni informazione – e quindi anche per l’informazione biologica, tale fatto, dico, è menzionato già nella prima pagina della Bibbia: »Nel principio Dio creò« (Genesi 1:1). La teoria dell’evoluzione invece afferma che l’informazione negli esseri viventi non è dovuta a nessun »trasmettitore«. Tale affermazione però è confutata dall’esperienza giornaliera a cui si riferiscono le summenzionate affermazioni sull’informazione. L’informatica dunque ci fornisce oggi la prova più schiacciante a favore dell’origine degli esseri umani mediante la Creazione