DS1: Come ci si può salvare – per mezzo della fede o per mezzo delle opere?
RS1: Nel Nuovo Testamento troviamo due affermazioni che a prima vista sembrano contraddirsi:
- a) Salvezza mediante la fede: »Noi riteniamo che l’uomo è salvato mediante la fede, senza le opere della Legge« (Romani 3:28).
- b) Salvezza mediante le opere: »Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto « (Giacomo 2:24).
Secondo il messaggio centrale del Nuovo Testamento, la fede nel Signore Gesù ha il potere di salvare (Giovanni 3:16; Marco 16:16; Atti 13:39; 16:31). Questa fede che salva non si basa su uno dei dati biblici ritenuti veri, ma su di un rapporto personale con il Figlio di Dio: »Chi ha il Figlio, ha la vita« (I Giovanni 5:12). Chi si converte al Signore Gesù, fa l’esperienza del più grande cambiamento di vita. E questo si vedrà dal suo stile di vita e dalle sue azioni: »Chi mi ama osserva i Miei Comandamenti« (Giovanni 14:15); »Voi sarete miei testimoni« (Giovanni 15:27); »Trafficate, finché Io venga« (Luca 19:13); »Servite il Signore« (Romani 12:11); »Amate i vostri nemici« (Matteo 5:44); »Non rendete ad alcuno male per male« (Romani 12:17); »Non dimenticate l’ospitalità« (Ebrei 13:2); »Non dimenticate di esercitare la beneficenza e di far parte agli altri dei vostri beni« (Ebrei 13:16); »Pasci le mie pecore« (Giovanni 21:17). Il servizio nel nome di Gesù è una conseguenza necessaria della fede che salva. Questo è indicato nel Nuovo Testamento come il frutto o l’opera della fede.
Chi non opera, sarà perduto: »E quel servitore inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori; lì vi sarà pianto e stridor di denti« (Matteo 25:30). In contrasto con le opere della fede, stanno le opere della Legge (Galati 2:16) e le opere morte (Ebrei 6:1; 9:14), cioè le opere di chi non crede. Anche qui vale il detto: Se due fanno una cosa simile, non si tratta comunque della stessa cosa. Il testo parallelo di Giacomo 2:24, su citato, dimostra che la fede di Abramo si manifestò con azioni concrete: fu obbediente a Dio e perciò partì dalla sua patria (Genesi 12:1-6) e stette anche sul punto di sacrificare suo figlio Isacco (Giacomo 2:21). Nello stesso modo, l’azione della ex prostituta Raab (Giacomo 2:25), cioè la salvezza delle spie israelite a Canaan, fu una conseguenza della sua fede in Dio (Giosuè 2:11). Perciò è chiaro che le opere fanno inscindibilmente parte della fede. Come il corpo umano senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le conseguenti opere è morta (Giacomo 2:26).
I su menzionati versetti di Paolo e Giacomo, quindi, non si contraddicono, anzi siamo dinanzi ad un caso di affermazioni complementari che, appunto, si completano a vicenda (Si vedano i principi di interpretazione I/3 e I/14 in Appendice, parte seconda).
DS2: Perché Dio ha pensato proprio al metodo della Croce per la redenzione? Sarebbe stato pensabile qual che altro metodo?
RS2: Il metodo della crocifissione non è menzionato direttamente nell’Antico Testamento, ma sono menzionati profeticamente vari particolari, che si riferiscono alla crocifissione, come, ad esempio, il Salmo 22:16, »M’hanno forato le mani ed i piedi«. Paolo riferisce l’affermazione veterotestamentaria, »L’appiccato è maledetto da Dio« (Deuteronomio 21:33), a Gesù crocifisso (Galati 3:13). Quella che era usata dai Persiani come metodo di esecuzione capitale, era considerata dai Romani il supplizio »più crudele e terribile« (Cicerone) e »il più infamante« (Tacito). Ma la croce faceva parte del piano di Dio – Gesù »per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò la croce disprezzando il vituperio« (Ebrei 12:2); »Egli fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce« (Filippesi 2:8). Qualsiasi altro metodo di morte, che pur sarebbe stato possibile, come la lapidazione, la decapitazione, l’avvelenamento e l’annegamento, è da escludersi a causa dell’analogia fra la caduta o peccato e la redenzione: a causa di un albero (Genesi 2:17, l’albero della conoscenza) entrò il peccato nel mondo; a causa di un altro albero il mondo doveva essere redento: la croce del Golgota è l’albero della maledizione (Galati 3:13). Gesù muore in maniera infamante ed è escluso dalla società, in quanto è maledetto.
Ora, la Legge di Mosè parla di una maledizione sui peccatori. Tale maledizione è su tutti gli uomini dal peccato di Adamo ed Eva in poi. E Gesù ha preso su di sé, al posto nostro, la maledizione di Dio che gravava sui peccatori. Ora dalla croce viene la notizia che la liberazione è offerta a tutti gli uomini, i quali, a causa dei loro peccati, sono colpiti dalla maledizione divina.
Il papa Giovanni Paolo II una volta indicò Auschwitz come il Golgota del XX secolo. In tal senso, vi è oggi un filone teologico che vede Gesù solidale con altri sofferenti, perseguitati e assassinati, che come Lui hanno sofferto ed hanno subito una morte crudele. Eppure la morte di Cristo in croce non può essere paragonata alla morte di altri uomini, né la Sua croce alle molte altre croci che si ergevano a Gerusalemme o a Roma. Essa ha infatti, in quanto Croce di Cristo Figlio di Dio, una »qualità« diversa da tutte le altre croci.
Egli non soltanto subì l’ingiustizia dei potenti della terra, ma piuttosto, ed in maniera unica, subì l’ira di Dio contro i peccatori. Egli fu l’Unico Agnello sacrificale, che »per i molti« fu oggetto del giudizio di Dio. »La parola della croce« (I Corinzi 1:18) è da allora il centro della predicazione cristiana. Paolo ha quindi soltanto una cosa da comunicare – soltanto »Gesù Cristo, e Lui crocifisso« (I Corinzi 2:2). A. L. Coghill ci indica il significato della croce in un noto inno: »Se si contempla con fede Gesù sulla croce, si è salvati in quello stesso istante; guarda perciò soltanto a Colui che il Padre ha mandato e che per te fu ferito«.
DS3: Come ha potuto Gesù morire 2000 anni fa per peccati che non avevamo ancora commessi?
RS3: Il piano salvifico di Dio per l’umanità decaduta esisteva già sin dalla fondazione del mondo (Efesini 1:14), perché Dio, avendo donato la libertà agli uomini, non solo ha tenuto conto della »caduta«, ma l’ha anche prevista. Dio avrebbe potuto realizzare la salvezza mediante il Signore Gesù Cristo subito dopo la »caduta« dell’umanità, come anche alla fine della storia del mondo; ciò che importa è che una sola volta e per sempre è avvenuta (Ebrei 9:28). Nel primo caso, il prezzo dei peccati sarebbe stato pagato in anticipo; nel secondo caso avrebbe avuto un effetto retroattivo.
Difatti noi possiamo saldare i nostri conti con i commercianti in due modi: possiamo pagare in anticipo o pagare dopo l’acquisto. Dio, nella Sua sapienza, ha stabilito il momento più opportuno. È detto infatti nella Lettera ai Galati 4:4, »Quando giunse la pienezza dei tempi, Dio mandò il Suo Figliuolo«. Gli uomini che vissero prima della venuta di Gesù e osservarono le direttive divine di allora per essere salvati, si salvarono effettivamente, ma sempre mediante il sacrificio del Golgota, come quelli che sono vissuti dopo la crocifissione ed hanno accettato l’Evangelo (Ebrei 9:15).
La Lettera ai Romani 5:8 mette ben in evidenza l’aspetto cronologico dell’evento della salvezza che già ha avuto luogo: »Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi«.
Al tempo di Abramo e di Giobbe non c’erano ancora i Comandamenti. Questi uomini agivano secondo la loro coscienza e confidavano in Dio – e questo fu »messo loro in conto di giustizia« (Romani 4:3). Ma al tempo di Davide già c’erano i Comandamenti dati sul Sinai. Essi costituivano il criterio per cui si poteva essere giusti dinanzi a Dio; i peccati venivano perdonati mediante il sacrificio di animali. Tali sacrifici però non potevano per sé stessi eliminare nessun peccato (Ebrei 10:4); si riferivano semplicemente al futuro sacrificio di Gesù. Perciò Egli è presentato anche come »l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo« (Giovanni 1:29). Per mezzo Suo la colpa è stata definitivamente espiata. Noi quindi viviamo in un tempo in cui il sacrificio è già avvenuto. Per questo i sacrifici cruenti sono stati aboliti e noi riceviamo il perdono in base ad un sacrificio che già ha avuto luogo.
DS4: Non sarebbe stato più giusto che Gesù avesse sofferto solo per i peccati di cui gli uomini chiedono perdono, invece che per i peccati di tutto il mondo?
RS4: Secondo la Legge di Dio, la pena per i peccati è la morte (Romani 6:23). Supponiamo ora che in tutta la storia del mondo soltanto un uomo si fosse convertito in base all’Evangelo di Gesù Cristo; ebbene anche per quella sola persona la morte sarebbe stato il prezzo dei suoi peccati. L’Autore dunque può essere d’accordo con il pensiero di Hermann Bezzell, secondo cui l’amore di Gesù era così grande che avrebbe pagato il prezzo del riscatto anche per un solo peccatore disposto a pentirsi. La redenzione operata dal Figlio di Dio è di tale dimensione che basta per tutti gli uomini. Perciò Giovanni Battista poteva dire:» Ecco l’agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo« (Giovanni 1:29). Tuttavia ognuno può ottenere il perdono solo se lo vuole. Il seguente aneddoto può illustrarci questo concetto. Un benestante latifondista irlandese una volta fece ai suoi dipendenti una proposta di ordine economico, davvero molto originale. Fece affiggere in tutti i posti principali della sua vasta proprietà il seguente annunzio: »Lunedì prossimo, dalle 10 alle 12, mi troverò nel mio ufficio. Durante quelle ore sono pronto a pagare tutti i debiti dei miei lavoratori. Bisogna portare con sé i conti non pagati«.
Questa insolita notizia fu oggetto di discussione per tutto quel giorno. Alcuni pensavano che fosse una bidonata, altri sospettavano che ci fosse qualche inghippo, perché fino ad allora non era mai stata fatta un’offerta simile. Venne così il giorno stabilito. Si presentò molta gente. Puntualmente alle 10 venne anche il padrone e scomparve dietro la porta del suo ufficio senza dire una parola. Nessuno osava entrare. Si discuteva ancora molto sulla sincerità della proposta e sui motivi del capo. Alla fine, alle 11, 30, si presentò dinanzi all’ufficio un’anziana coppia. Il marito, con in mano un pacchetto di conti, chiese con voce stentoria se lì si pagassero i debiti. Ma fu subito deriso: »Finora non ha ancora pagato!«: ed un altro: »Non ci ha provato ancora nessuno, ma se è vero, venite presto ad informarci«. Così i due anziani coniugi osano entrare.
Sono accolti con cordialità, vengono tirate le somme e ricevono un assegno, firmato dal padrone, che copre tutti i loro debiti. Ma come fanno per andarsene dall’ufficio pieni di riconoscenza, lui dice: »Rimanete qui fino alle 12, quando chiuderò l’ufficio«. I due anziani accennano allora alla gente che aspetta lì fuori e che vuole sentire da loro se l’offerta è vera. Ma non ci fu nulla da fare: »Voi mi avete preso in parola e lo stesso devono fare quelli lì fuori, se vogliono estinguere i loro debiti«. L’offerta del padrone valeva per tutti i suoi impiegati, ed il suo conto in banca bastava per pagare tutti i debiti. Ma soltanto quei coniugi si liberarono dei loro debiti, perché gli avevano creduto. (Questo aneddoto è stato preso da F. König, »Du bist gemeint«, pp. 99-103).
La morte di Gesù quindi sarebbe bastata per la redenzione di tutta l’umanità: »Come dunque con un solo peccato (di Adamo) la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così con un solo atto di giustizia (da parte di Gesù) la giustificazione che dà vita, si è estesa a tutti gli uomini« (Romani 5:18). L’offerta della salvezza vale per ognuno e quindi può essere annunziata ad ogni essere umano. Sono salvati però solo quelli che osano prendere Gesù in parola e Lo accettano personalmente per quello che è.
DS5: In base alla morte sacrificale dì Gesù Cristo, Dio concede a tutti gli uomini il perdono dei peccati. Perché Dio non concede ora un’amnistia generale per i peccati di tutti gli uomini?
RS5: In base alla morte di Gesù in croce, Dio concede a tutti gli uomini la salvezza e perciò Paolo poteva affermare sull’Areopago: »Iddio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi« (Atti 17:30). Ora nessuno si perde più a causa dei suoi peccati. Ogni peccatore può essere graziato.
Se poté essere perdonato un Paolo che voleva distruggere la Chiesa di Gesù, a maggior ragione può esserlo chiunque altro. Dei due malfattori crocifissi assieme al Signore Gesù, si salvò soltanto quello che riconobbe la sua colpa dinanzi a Lui. L’altro persistette nel suo rifiuto e perfino schernì Gesù, e quindi rimase con i suoi peccati. Da ciò deduciamo che Dio non ha ordinato nessuna amnistia generale, ma piuttosto agisce in base alla libera scelta di ogni singolo individuo: »Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva« (Deuteronomio 30:19); »Io pongo dinanzi a voi la via della vita e la via della morte« (Geremia 21:8).
Anche le colpe più grandi saranno perdonate a chi cerca davvero il perdono: »Quand’anche i vostri peccati fossero come lo scarlatto …« (Isaia 1:18). Possiamo così formulare un concetto: L’uomo non si perde per i suoi peccati, ma di sua volontà, cioè a causa della sua impenitenza. Nel cielo di Dio abitano persone che sono lì per loro volontà, senza alcuna costrizione.
DS6: Io penso che anche dopo la morte vi sia la possibilità di salvarsi. La grazia di Dio non è forse più grande di quanto voi avete affermato?
RS6: Questa è una domanda che viene fatta spesso, perché ci riguarda da vicino, specialmente se siamo preoccupati della salvezza di persone che ci sono care. A tal proposito, ci possiamo fare in realtà molte domande: Che cosa avverrà alle persone:
- che hanno sentito parlare di Gesù soltanto in maniera superficiale e distorta?
- che nelle chiese che frequentano hanno sentito parlare dell’Evangelo, che però è presentato spesso con una chiara coloratura politica, senza che si dica che cosa significhi essere davvero cristiano?
- che mostrano di essere cristiane, ma in realtà agiscono contro quanto dice la Bibbia?
- che nonostante i nostri sforzi evangelistici rimangono spiritualmente insensibili, perché non abbiamo trovato il modo di raggiungere il loro cuore o semplicemente perché non hanno voluto accettare l’Evangelo?
- che sono state educate ad essere atee o in sette con false dottrine?
- che cosa sarà di tanti giovani di oggi a cui, nell’insegnamento della religione, viene inculcata l’idea che la Bibbia non è attendibile e che perciò nella loro vita non si occupano più di questioni riguardanti la fede?
- che cosa sarà degli uomini che, senza loro colpa, non hanno mai avuto occasione di essere nella sfera di influenza dell’Evangelo?
- Tutte queste domande hanno chiamato in campo molti almanaccatori e sono venuti a rispondere i gruppi più disparati di persone, che o sono in favore di una salvezza dopo la morte, o escludono una dannazione generalizzata. Qui vogliamo solo dare un esempio delle molte idee, anche in contraddizione tra loro, che sono state pubblicamente espresse:
- Gli ecumenici sostengono che alla fine, dopo un giudizio sommario, senza alcuna eccezione tutti si salveranno: Hitler e Stalin, come anche i Massoni, i Nichilisti e gli Spiritisti.
- Secondo la dottrina cattolica, le anime dei morti, che hanno ancora bisogno di purificazione, vanno al Purgatorio, prima di essere lasciate andare in Cielo.
Questa dottrina si basa anche sull’insegnamento di Agostino e Gregorio Magno. L’idea che le sofferenze delle »povere anime« nel Purgatorio possono essere abbreviate per mezzo dell’intercessione dei vivi, diede origine nel Medio Evo alle indulgenze e alla festa dei morti.
- Presso i Mormoni c’è la possibilità che i loro membri si facciano battezzare al posto dei morti, in modo che si possono salvare anche i non credenti delle passate generazioni.
- Secondo la dottrina dei Testimoni di Geova, per gli uomini non c’è né un Cielo e neppure un Inferno. Per i loro seguaci è prevista una terra rigenerata invece di un’eterna comunione con Dio Padre e con il Suo Figliuolo Gesù Cristo in Cielo. Gli altri restano nelle tombe, oppure i morti possono essere liberati per mezzo della cosiddetta »offerta del riscatto«.
- La Chiesa Neo-apostolica ha istituito una »funzione della morte«, per cui i loro cosiddetti apostoli possono operare dentro il mondo dei morti. La mediazione di questi attivi salvatori per quelli che stanno nell’al di là avviene mediante gli apostoli morti, che nell’al di là continuano la loro »opera redentrice«.
- Altri Gruppi sostengono la dottrina secondo cui i credenti in Cristo vanno in Cielo, mentre i non credenti vengono annichiliti, così che semplicemente non esistono più.
- Un’altra teoria si basa sul passo di I Pietro 3:18-20, da cui alcuni esegeti deduco-no la possibilità di una predicazione nel regno dei morti per portarli alla salvezza.
Tutte queste teorie cercano di dare una speranza per quanto riguarda le categorie di persone su menzionate. Tutte queste congetture però non ci aiutano molto e quindi vogliamo rivolgerci a chi soltanto può aiutarci: Dio nella Sua Parola. È quindi necessario verificare se, in base ai testi biblici, vi sia un’altra possibilità di salvarsi dopo la morte. Si tratta di una questione estremamente importante, ma che noi possiamo risolvere perché Dio nella Bibbia non ci lascia senza chiarimenti a riguardo (affermazione B51 in Appendice, Parte Prima). Soltanto la Scrittura ci aiuta a riconoscere le dottrine sbagliate e a non essere influenzati da falsi insegnamenti.
- Dopo la morte segue il giudizio. Alla luce della Bibbia, tutte le teorie secondo cui dopo la morte viene offerta all’uomo ancora una possibilità di salvarsi, si rivela no come frutto dell’umana fantasia, poiché »è stabilito che gli uomini muoiono una volta sola, dopo di che viene il giudizio« (Ebrei 9:27). E questo vale per quelli che in qualunque modo sono venuti a contatto con l’Evangelo di Dio, come per quelli che non ne hanno mai sentito parlare: »Noi compariremo tutti davanti al Tribunale di Dio« (Romani 14:10). Dio ha affidato questo giudizio al Figlio. Non si giudica ciò che è avvenuto al di là del muro della morte, ma solo ciò che è avvenuto qui ed oggi, »affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand’era nel corpo, secondo quel che avrà operato, o bene o male« (II Corinzi 5:10). Nessuno è escluso da questo giudizio finale: credente, indifferenti, »liberi pensatori«, i corrotti, i pagani… tutti insomma (Atti 17:31).
- I criteri del giudizio. I criteri del giudizio divino non sono soggetti a nessun arbitrio; nessuno è favorito o »preso di mira« (I Pietro 1:17; Romani 2:11).
Dio ci ha fatto conoscere i criteri che usa. Noi saremo giudicati secondo le norme rivelate nella Bibbia: »La Parola che ho annunziata, è quella che lo giudicherà nell’ultimo giorno« (Giovanni 12:48). Vogliamo dunque indicare qui i criteri principali che emergono dalla Scrittura:
a) Secondo la giustizia di Dio: Possiamo essere certi di questo: »Di certo Dio non commette ingiustizie« (Giobbe 34:12), poiché è un Giusto Giudice (II Timoteo 4:8). Non vi sono falsificazioni né contraffazioni, perché la verità e la giustizia sono alla base di ogni giudizio: »Sì, o Signore Iddio Onnipotente, i tuoi giudizi sono veraci e giusti« (Apocalisse 16:7).
b) Secondo la misura di ciò che ci è stato affidato. Nessuno è uguale ad un altro e ad ognuno è stato affidato molto. I pagani non evangelizzati hanno in vari modi conoscenza di Dio, ma soltanto di quello che di Lui si può conoscere attraverso la Creazione, (Romani 1:20) ed in base alla coscienza (Romani 2:15), e quindi minore di quelli che hanno potuto ascoltare l’Evangelo.
Un ricco ha più possibilità di un povero di fare il bene, di contribuire alla diffusione dell’Evangelo. Chi è dotato di varie qualità spirituali ha più responsabilità.
C’è anche differenza tra chi ha dovuto vivere sotto una dittatura e affrontare molte difficoltà, e chi ha potuto operare in un Paese libero. Il Signore dice in Luca 12:48, »A chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà«.c) Secondo le nostre opere: Dio conosce le azioni di ognuno e »renderà a ciascuno le sue opere« (Romani 2:6). Le opere sono le azioni fatte (Matteo 25:34-40) ed anche quelle non fatte (Matteo 25:41-46). Le azioni di tutti gli uomini sono segnate nei libri di Dio e costituiscono i presupposti della valutazione quando avverrà il giudizio (Apocalisse 20:12-13).
d) Secondo il nostro »frutto«: Tutto ciò che noi facciamo nel nome di Gesù (Luca 19:13) – il nostro comportamento, le nostre opere – viene visto nella Bibbia come un frutto imperituro (Giovanni 15:16).
Questo costituisce un criterio fondamentale nel giudizio (Luca 19:16-27). Mentre tutte le opere morte sono bruciate (I Corinzi 3:15), tutto ciò che rimane viene ricompensato (I Corinzi 3:14).
e) Secondo il nostro amore: L’amore è un frutto importante, perché è il più grande (I Corinzi 13:13). È l’adempimento della Legge (Romani 13:10). Con questo si intende ciò che abbiamo fatto per amore di Dio (Matteo 22:37) e per amore di Gesù (Giovanni 21:15).
L’amore disinteressato, però, deve essere distinto dall’amore interessato: »Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete?« (Matteo 5:46). Simone il Fariseo aveva accolto Gesù in casa sua, ma non gli aveva dato nemmeno un poco d’acqua per lavarsi i piedi (Luca 7:44). La peccatrice invece unse i Suoi piedi con un unguento costoso. Perciò le furono perdonati molti peccati, perché aveva mostrato di amare molto il Signore (Luca 7:47). L’amore è un frutto dello Spirito (Galati 5:22); è di portata eterna.
f) Secondo le nostre parole: Secondo ciò che Gesù ci ha detto, le nostre parole hanno conseguenze di portata eterna. Ci rendiamo conto di questo aspetto del giudizio divino soprattutto considerando questo passo: »Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché dalle tue parole sarai giustificato e dalle tue parole sarai condannato« (Matteo 12:36-37).
g) Secondo le nostre responsabilità: Noi siamo stati creati in modo da essere responsabili delle nostre azioni. Dio ci ha concesso un ampio margine di libertà, di cui noi stessi siamo responsabili. Anche in caso di seduzione, noi siamo responsabili di ciò che facciamo. Anche se Adamo non fosse stato disobbediente di sua volontà, ma perché sedotto, avrebbe dovuto lo stesso subire le conseguenze del suo peccato.
Perciò la perdita della fede porta alla per dizione, appunto, e le ammonizioni bibliche a riguardo sono particolarmente insistenti (ad es. Matteo 24:11-13; 5:6; II Timoteo 2:16-18). In base a ciò, le false dottrine delle Sette non devono essere sottovalutate a causa delle ripercussioni che possono avere.
h) Secondo la nostra posizione nei riguardi di Gesù Cristo: Il nostro rapporto personale con il Figlio di Dio è decisivo: »Chi crede nel Figliuolo ha la vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta su di lui« (Giovanni 3:36). Il peccato ha portato la condanna su tutti gli esseri umani (Romani 5:18). L’unica via di scampo è quindi il nostro rapporto con Cristo: »Non c’è alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù« (Romani 8:1).
- Il giudizio del tribunale: Secondo i suddetti criteri, ognuno sarà giudicato indivi-dualmente. Non si trascurerà nessun aspetto della vita di un uomo. Ma come sarà il Giudizio Universale? L’umanità sarà divisa in due parti, che Gesù così indica rivolgendo un invito a tutti: »Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa è la via che porta alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che porta alla vita, e pochi sono quelli che la trovano« (Matteo 7:13-14).
Non c’è una via di mezzo per gli indecisi e non c’è nessuna posizione neutrale tra il Cielo e l’Inferno. Alla fine – come già si può vedere in questa vita – vi sarà una distin- zione netta tra i salvati ed i perduti. Ad un gruppo il Signore dirà: »Venite, voi, i benedetti dal Padre mio; ereditate il Regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo« (Matteo 25:34), mentre gli altri sentiranno queste parole: »Io non so di dove voi siete… allontanatevi tutti da Me…« (Luca 13:25-27). In questo ultimo gruppo non si trovano solo i »liberi pensatori« ed i pagani, ma anche quelli che hanno conosciuto l’Evangelo di Gesù, ma non gli hanno ubbidito. Costoro, stupiti, esclameranno: »Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e Tu hai insegnato nelle nostre piazze« (Luca 13:26).
- Le nostre conclusioni: Dopo la morte non c’è più alcuna possibilità di salvarsi. La decisione deve avvenire in questa vita, perciò il Signore Gesù dice: »Cercate dì entrare per la porta stretta!« (Luca 13:23).
Nel Tribunale si apriranno i libri di Dio contenenti tutti i particolari riguardanti le azioni che avremo fatte nell’al di qua (Apocalisse 20:12). Beato dunque chi si trova scritto nel Libro della Vita. Le religioni non hanno il potere di salvare. Noi non sappiamo quante persone si siano salvate tra quelle che non hanno mai sentito parlare dell’Evangelo, ma hanno cercato Dio seppure a tentoni, sforzandosi così di ottenere la vita eterna. Ma per noi che abbiamo udito l’Evangelo, non c’è nessuna scusa, né alcuna via di scampo (Ebrei 2:3), se tra scuriamo la salvezza. Ci è stato data la possibilità di salvarci. Come poi si possa ottenere una tale salvezza è ulteriormente spiegato in Appendice (parte I, punto 10).
DS7: Che cosa avviene di quei bambini che muoiono prematura-mente, senza aver avuto la possibilità di prendere una decisione? Che cosa ne è degli aborti o dei pazzi? Sono perduti?
RS7: Qui c’è subito da chiedersi quando un embrione possa essere considerato un essere umano. Di solito si crede alle opinioni correnti e quindi si ha l’impressione che questa sia una questione di coscienza individuale o che dipenda dal legislatore statale. Noi però cerchiamo un criterio sicuro per stabilire l’inizio della vita umana, e lo troviamo nella Bibbia. Un essere umano comincia ad esistere quando lo sperma maschile feconda l’ovulo femminile. Il Creatore interviene direttamente ogni volta che avviene la formazione di un embrione: »Poiché sei Tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre. Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo meraviglioso, stupendo. Meravigliose sono le Tue opere, e l’anima mia lo sa molto bene« (Salmo 139:13-14). Quando Dio chiamò Geremia, sottolineò il fatto che Egli lo teneva in mente, proprio come persona, ancor prima della sua nascita e lo aveva scelto per il compito che ora gli affidava: »Prima che ti avessi formato nel seno di tua madre, Io ti ho conosciuto; e prima che tu uscissi dal suo seno, Io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni« (Geremia 1:5).
Noi quindi riteniamo senza alcun dubbio che l’essere umano è un individuo sin dall’inizio e che secondo numerosi testi biblici (ad es., Luca 16:19-31; Ebrei 9:27) è una creatura eterna, la cui esistenza non cesserà mai.
Ma che ne è dell’uomo, dopo che ha attraversato »la valle della morte«? È chiaro il caso di tutti quelli che hanno ascoltato l’Evangelo e sono stati in grado di prendere una decisione. La volontà di Dio è chiara a riguardo: »Il Signore… è paziente verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano a ravvedersi« (II Pietro 3:9). La salvezza e la perdizione dipendono quindi solo dalla nostra volontà. Abbiamo la libertà di avviarci verso il Cielo o verso l’Inferno. Entrambe le vie ci sono davanti e sta a noi decidere (Deuteronomio 30:19; Geremia 21:8).
Tuttavia i suddetti gruppi di persone non dispongono della volontà necessaria per prendere una decisione così importante. Secondo una falsa dottrina diffusasi sin dal Medio Evo, le anime dei bambini non battezzati, dopo la morte, si dannavano. Si tratta di una dottrina antibiblica, secondo cui il Battesimo sarebbe assolutamente necessario per la salvezza. Invece, secondo gli insegnamenti biblici fondamentali, non il Battesimo, ma la fede nel Signore Gesù ci salva (Atti 16:31). Per rispondere alla suddetta domanda non ci aiuta quindi il Battesimo dei bambini – Battesimo che, del resto, non può essere amministrato ai feti morti a causa di aborto. Troviamo però la soluzione nel criterio stabilito da Dio stesso: »No, di certo Iddio non commette ingiustizie! L’Onnipotente non perverte il diritto« (Giobbe 34:12), poiché i Suoi giudizi sono assolutamente giusti (Apocalisse 16:7) e vengono emessi senza aver riguardi per nessuno (I Pietro 1:17; Romani 2:11). Possiamo dunque esser certi che le suddette persone non si dannano. Essi infatti non hanno colpa del loro stato. Quando dei bambini (lattanti compresi) vennero portati da Gesù, i discepoli videro in questo un inutile disturbo per il Signore, considerando anche che quello era stato un giorno faticoso per Lui. Ma Gesù, in tale occasione, vide i bambini soprattutto come eredi del Regno dei Cieli: »Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a Me; non glielo vietate, perché di tali è il Regno di Dio« (Marco 10:14).
DS8: Se Giuda non avesse tradito Gesù, la salvezza sarebbe stata possibile?
RS8: Innanzi tutto stabiliamo questo: la salvezza fu possibile non mediante Giuda, ma mediante Gesù. La morte del Signore Gesù fu necessaria, poiché così si ottenne la salvezza per l’umanità. Un Redentore doveva prendere su di sé la condanna al posto dei peccatori.
Secondo il piano di Dio, Gesù »è stato dato a causa delle nostre offese ed è risuscitato per la nostra giustificazione« (Romani 4:25). Molte persone furono in vario modo responsabili della crocifissione di Gesù, Giudei e Romani: il Sinedrio in Israele (Marco14:64), la popolazione (Giovanni 19:7; Atti 13:28), Pilato (Marco 15:15) ed i soldati romani (Marco 15:24).
Anche Giuda vi partecipò direttamente con il suo tradimento. Dio certamente non lo obbligò a farlo, ma fu solo una sua decisione personale. Il fatto che il Signore Gesù abbia previsto il libero atto di Giuda (Giovanni 13:21-30) e che nell’Antico Testamento venga visto profeticamente in tutti i suoi particolari (Zaccaria 11:12-13), è dipeso dall’onniscienza divina, senza che vi fosse alcuna costrizione. Dai testi biblici non si deducono chiaramente i motivi che spinsero Giuda al tradimento. Heinrich Kemner, fondatore del »Krelinger Rustzentrum« ha formulato l’ipotesi che Giuda abbia voluto mettere il Signore in una situazione critica tale che alla fine avrebbe dimostrato il Suo potere in Israele. Giuda non poteva prevedere che Gesù andasse alla morte senza reagire. In ogni caso, anche se molte persone hanno contribuito direttamente alla morte di Gesù, non ne furono le uniche cause, perché Gesù morì a causa dei peccati di tutta l’umanità. Ognuno di noi ha avuto a che fare con la morte di Gesù, poiché »Egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è stato su Lui, e per le Sue lividure noi abbiamo avuto guarigione« (Isaia 53:5).
Il rinnegamento di Gesù da parte di Pietro, dinanzi ad un’insignificante servetta, è paragonabile al tradimento di Gesù da parte di Giuda. La differenza essenziale tra questi due uomini non sta nei loro peccati, ma nel pentimento. Infatti Pietro si pentì del suo rinnegamento e si ravvide (II Corinzi 7:10 – »la tristezza secondo Dio«) e perciò ottenne il perdono. Anche Giuda avrebbe ottenuto il perdono, se il suo atteggiamento verso Gesù fosse stato quello giusto. Ma Giuda non si rivolse al suo Signore e perciò il suo comportamento fu un vero e proprio »guaio« – »il Figliuolo dell’uomo, certo se ne va, secondo quanto è stato stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!« (Luca 22:22).
DS9: Posso ancora mettere al mondo un bambino, se c’è il 50% di possibilità che si perda? (Domanda di una giovane appena convertita).
RF9: Molti coniugi non vorrebbero mettere al mondo dei figli pensando al crescente inquinamento ambientale o al pericolo incombente di una guerra con l’odierno potenziale bellico sparso in tutto il mondo.
In Germania, ad esempio, abbiamo una tale denatalità che per la fine del secolo la popolazione passerà da 61 a 59 milioni. Lutero però espresse un altro punto di vista rispondendo a chi gli domandava che cosa avrebbe fatto se il giorno dopo fosse venuta la fine del mondo: »Pianterei un alberello di mele«. La suddetta domanda, però, mette in evidenza un grande senso di responsabilità, che tiene presente non solo l’eternità, ma anche la sua priorità dinanzi a tutti i motivi su esposti. Per rispondere, bisogna chiarire subito due questioni: Che cosa dice la Bibbia sul numero dei figli? e come risponde alla domanda concernente la salvezza dei nostri figli? Secondo l’ordine divino della creazione, l’umanità è costituita da uomini e donne.
Il primo ordine che Dio diede agli esseri umani fu questo: »Crescete e moltiplicate!« (Genesi 1: 28); quest’ordine non è mai stato revocato. La capacità di procreare e di mettere alla luce bambini è quindi un dono divino per l’umanità, come i bambini stessi: »Ecco, i figliuoli sono un’eredità che viene dall’Eterno; il frutto del seno materno è un premio« (Salmo 127:3). L’abbondanza di figli è considerata una benedizione speciale: »Beati coloro che ne hanno il turcasso pieno« (Salmo 127:5); »La tua moglie sarà come una vigna fruttifera nell’interno della tua casa; e i tuoi figliuoli, come piante di ulivo intorno alla tua tavola. Ecco, così sarà benedetto l’uomo che teme l’Eterno« (Salmo 128:3-4). Dio però non ci dona soltanto i figli (Genesi 33:5), ma ci chiede anche di educarli per Lui: »Vi metterete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole… le insegnerete ai vostri figliuoli, parlandone quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai in viaggio, quando ti coricherai e quando ti alzerai« (Deuteronomio 11:18, 19).
Se seguiamo questo consiglio, i frutti non mancheranno: »Inculca al fanciullo la condotta che deve tenere; an che quando sarà vecchio non se ne dipartirà « (Proverbi 22:6). In questo modo possiamo avere tranquillamente dei figli, poiché con tale educazione trovano la via della fede e si salvano. È sempre valida la grande promessa di Dio: »Io amo quelli che mi amano, e quelli che mi cercano, mi trovano« (Proverbi 8:17). Dio ama particolarmente i giovani che si rivolgano a Lui: »Io mi ricordo dell’affezione che avevi per me quand’eri giovane, del tuo amore quando eri fidanzata, allorché mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata« (Geremia 2:2).
DS10: Nella Bibbia si parla della predestinazione degli uomini da parte di Dio. Come possiamo avere una libera volontà, se le decisioni circa la nostra salvezza o perdizione sono state già prese da tempo?
RS10: Prima di tutto, la dottrina della predestinazione è stata sostenuta da Agostino e Calvino. È una dottrina che, partendo dalla previsione divina, deduce che gli esseri umani sono destinati a credere o a non credere, alla salvezza o alla perdizione. A causa di questa duplice possibilità si parla della »doppia predestinazione«. Bisogna però verificare questa dottrina alla luce della Bibbia.
Nel rispondere alla suddetta domanda si mette soprattutto in rilievo che l’uomo è davvero libero di prendere decisioni. Tuttavia si potrebbe avere l’impressione che soltanto l’uomo agisca e che Dio se ne stia completamente passivo. Questo però è inconciliabile con la testimonianza della Bibbia. Infatti leggiamo in Romani 9:16, 18 »Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia.
Così dunque Egli usa misericordia verso chi vuole e indurisce chi vuole«. Qui si mette l’accento sull’azione di Dio. L’uomo si trova quindi nell’attiva e libera mano del Creatore come l’argilla nella mano del vasaio che la modella: »Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa formata dirà essa a Colui che la formò: Perché mi facesti così? Il vasaio non ha forse potestà sull’argilla da trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile?« (Romani 9:20-21). Non abbiamo dunque nessun diritto alla salvezza. La libera decisione dell’uomo è sempre connessa con la libera elezione da parte di Dio. Il concetto, poi, di elezione è illustrato particolarmente dai seguenti passi biblici:
- Matteo 22:14, »Molti sono chiamati, ma pochi gli eletti«.
- Giovanni 6:64-65, »Ma fra voi vi sono alcuni che non credono. Poiché Gesù sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito, e diceva: »Per questo vi ho detto che nessuno può venire a Me, se non gli è concesso dal Padre«.
- Efesini 1:4-5, »Siccome in Lui (Gesù) ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi ed irreprensibili dinanzi a Lui nell’amore, avendoci predestinati ad essere adottati, per mezzo di Gesù Cristo, come suoi figliuoli«.
- Romani 8:29-30, »Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad essere conformi all’immagine del Suo Figliuolo, onde Egli sia il primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati«.
- Atti 13:48, »E i Gentili (pagani), udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola di Dio; e tutti quelli che erano predestinati alla vita eterna, credettero«. Quanto dunque a ciò che ci dice la Bibbia sulla predestinazione, i seguenti aspetti sono di fondamentale importanza:
- Il momento: L’elezione avviene in una vasta dimensione temporale, che in ogni caso precede la nostra esistenza: prima della fondazione del mondo (Efesini 1:4), prima della formazione dell’individuo nel seno materno (Geremia 1:5) e »fin dal principio« (II Tessalonicesi 2:13).
- Servizio: L’elezione comporta una funzione particolare. Dio scelse Salomone affinché costruisse il Tempio (I Cronache 28:10), la tribù di Levi per la funzione sacerdotale (Deuteronomio 18:5); Gesù scelse alcuni Discepoli affinché fossero Apostoli (Luca 6:13; Atti 1:2); Paolo di venne il »Vaso di elezione« per l’evangelizzazione dei pagani (Atti 9:15), e tutti i credenti sono eletti affinché pro- ducano frutti« (Giovanni 15:16).
- Senza riguardi personali: L’elezione non avviene in base a meriti o criteri umani. Anzi Dio tiene particolarmente conto dei piccoli: Israele è il popolo più piccolo (Deuteronomio 7:7), Mosè non è un oratore (Esodo 4:10), Geremia riteneva di essere come un bambino (Geremia 1:6), e alla Chiesa di Gesù appartengono per lo più persone che sono considerate poco importanti dal mondo (I Corinzi 1:27-28).
- Per la salvezza e non per la perdizione: A che cosa Dio è interessato – alla nostra salvezza o alla nostra perdizione? Dio ci fa sapere chiaramente la Sua intenzione: »Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così Io andrò in cerca delle mie pecore« (Ezechiele 34:12). Gesù espone il motivo della Sua venuta in questo mondo affermando: »Il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto« (Matteo 18:11). Mediante Gesù, Dio cerca di far sì che gli uomini ottengano la vita eterna. Dio vuole che tutti gli esseri umani si salvano: »Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e pervengano alla conoscenza della verità« (I Timoteo 2:4). Tale volontà è espressa anche in I Tessalonicesi 5:9 »Dio non ci ha destinati all’ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo«. È dunque chiaro: nella Scrittura troviamo una stretta ed inscindibile relazione tra salvezza ed elezione, mentre non c’è tale connessione tra dannazione ed elezione. Dio non elegge nessuno affinché si perda. Dio quindi indurì il cuore del Faraone soltanto in base al suo ostinato atteggiamento pagano e non perché era destinato a questo fine dalla sua nascita. La Bibbia dimostra spesso che c’è un »troppo tardi«, ma la Bibbia non insegna mai che c’è una predestinazione all’Inferno. Quando fece uccidere Giovanni Battista, Erode aveva già ascoltato tutto ciò che c’era da ascoltare e quindi Gesù non gli rispose più (Luca 23:9).
Noi quindi riteniamo senza ombra di dubbio che Dio elegge gli uomini affinché si salvino. L’uomo però ha la responsabilità di appropriarsi della salvezza.
Quando il figlio perduto prese la sua decisione »io mi alzerò ed andrò da mio padre« (Luca 15:18), il padre corse ad accoglierlo (Luca 15:20). Se per nostra libera scelta ci appropriamo della salvezza, si realizza la promessa fattaci da Dio: Io ti ho amato (Geremia 31:3) e ti ho già eletto sin dalla fondazione del mondo (Efesini 1:4). Prima che noi decidiamo per Dio, Dio ha già deciso per noi, molto prima del nostro tempo. Dio aspetta e rispetta la nostra libera decisione, ma senza la Sua misericordia nessuna decisione sarebbe possibile (Romani 9:16). Soltanto il Signore sa in quanti uomini e donne l’elezione divina e la libera volontà umana convergono (Filippesi 2:12-13).
DS11: Potete dimostrare scientificamente che c’è un Inferno? (domanda di un liceale)
RS11: Per la ricerca scientifica vi sono dei confini, che purtroppo spesso sono ignorati. La conoscenza e le spiegazioni arrivano fin dove i fenomeni del mondo materiale si lasciano misurare. Dove non sono né misurabili né esprimibili in cifra, le scienze non possono spiegare nulla. La scienza quindi non può superare i suoi limiti, altrimenti cessa di essere scienza e diventa pura speculazione. Le scienze dunque non costituiscono fonte di informazione per apprendere qualcosa sul passato e sulla fine del mondo. Anche su questioni riguardanti ciò che c’è al di là del muro della morte, nessuna scienza può dirci nulla. Se dunque la scienza non può dirci nulla sull’esistenza dell’Inferno, vi è un luogo particolare in cui ci viene comunicata la certezza della sua esistenza: dinanzi alla croce del Golgota possiamo renderci conto della realtà del Cielo e dell’Inferno. La croce è il migliore esegeta. Se tutti gli esseri umani andassero in Cielo automaticamente come in una catena di montaggio, la croce sarebbe superflua.
Se ci fosse stata una qualche religione e qualche altra via per ottenere la salvezza, Dio non avrebbe permesso che il Suo amato Figliolo morisse dissanguato sulla croce. Dinanzi alla croce possiamo quindi dedurre che esiste davvero l’Inferno. Il Signore Gesù fece il possibile proprio perché fossimo liberati dall’Inferno.
Senza il sacrificio del Golgota tutti noi ci saremmo dannati (Romani 5:18). Possiamo riassumere ciò che avvenne sul Golgota con una frase: »Qui il Figlio di Dio salva dall’Inferno«. Niente di più grande del sacrificio del Golgota è stato mai fatto per gli uomini.
Il Signore Gesù ha predicato spesso sull’amore e la misericordia, sulla grazia e la giustizia, ed in termini attraenti sul Cielo, ma ha parlato dell’Inferno con grande serietà. Lo presenta come un abisso immenso, un luogo »dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne« (Marco 9:44) e come un luogo di »punizione eterna« (Matteo 25:46). Data questa realtà, Gesù ci ammonisce con insistenza, affinché noi non ci andiamo: »Ora, se l’occhio tuo destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te, poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca e non sia gettato l’intero tuo corpo nella Geenna (Inferno)« (Matteo 5:29-30); è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno« (Matteo 18:8).